RITA MASCIALINO, SULL’IDENTITÀ GRAMMATICALE DI GENERE NELL’EPOCA ATTUALE: RIFLESSIONI

RITA MASCIALINO, SULL’IDENTITÀ GRAMMATICALE DI GENERE NELL’EPOCA ATTUALE: RIFLESSIONI

RITA MASCIALINO, SULL’IDENTITÀ GRAMMATICALE DI GENERE NELL’EPOCA ATTUALE: RIFLESSIONI

(Studio apparso nella Rivista Culturale del CLSD «Lunigiana Dantesca», Sezione OTIUM, Presidente e Direttore Mirco Manuguerra, N. 205, maggio 2024.)

 

Dando per scontato il punto di vista democratico, secondo il quale ognuno ha diritto di scegliersi un sesso diverso da quello somatico sul piano psicologico, compreso il diritto di mutare il sesso somatico stesso in base a operazioni chirurgiche, risulta difficile accettare la confusione che ne deriva a proposito dei generi grammaticali. Come conseguenza del cambio di sesso sul piano psicologico, e indirettamente anche sul piano riguardante il mutamento chirurgico, sembra che ci siano molti problemi sull’uso del genere maschile o femminile per l’identificazione anagrafica, tanto più che tale genere può essere alternato in base ai desideri stagionali e persino del momento per così dire, anche in seno ad una stessa giornata come nel genere cosiddetto fluido. Quale soluzione del problema grammaticale che è derivato da tutto ciò, sembrerebbe che il maschile e il femminile non potranno più esistere esplicitamente nei documenti, bensì saranno o potrebbero essere sostituiti da un asterisco in luogo delle desinenze discriminanti, asterischi per tutti gli esseri umani indifferenziatamente, a parte ulteriori modifiche che si possono prevedere vista l’incertezza delle ipotesi sul tema dei generi ad esempio secondo le indicazioni proposte o emanate di volta in volta dai pensatori e dalle pensatrici dell’UE, che non sono ancora riusciti – e riuscite – a trovare una soluzione che non imponga sovvertimenti grammaticali molto o troppo estesamente sul piano orale e soprattutto scritto.

Mi occuperei in particolare in questa riflessione della presenza eventuale di un asterisco che nasconda il genere dell’individuo, del cittadino in democrazia per rispetto della Privacy, come è stato proposto dalla UE. Tutto ciò con difficoltà e complicazioni – non complessità – relative agli appellativi illocutivi nell’uso comune per le persone quando ci si voglia appunto rivolgere ad esse – tipo signore o signora, per fare un solo esempio –, questo perché colui o colei o coloro dotato o dotata o dotati e dotate di un sesso psicologico diverso da quanto usualmente creduto in base al sesso somatico, potrebbe o potrebbero sentirsi, per altro giustamente, offesa offeso offese offesi o discriminata discriminato discriminate o discriminati ingiustamente – l’appesantimento grammaticale e burocratico è palpabile. Si vedono immediatamente gli appesantimenti e le prolissità burocratiche del caso – gli asterischi eviterebbero la prolissità, ma per altro non l’accumulo costante degli stessi e porterebbero nel tempo a cambiamenti linguistici di perdita di differenziazioni come già ad esempio l’inglese o  angloamericano ne mostra di suo in una uguagliazione e semplificazione che non appartiene alla personalità latino-italiana e che quindi produrrebbe nella cultura italiana, forse, qualche stravolgimento identitario non proprio positivo su cui  si potrebbe o dovrebbe riflettere.

C’è da chiedersi a proposito degli appellativi e dei documenti, delle lettere e dei certificati e di tutto il resto di analogo: perché si deve nascondere il proprio sesso somatico? La risposta appare semplice quanto in parte almeno anche circolare: perché si vuole avere un sesso diverso e il permanere di quello somatico nella grammatica del linguaggio sarebbe sentito come una non accettazione della propria scelta, ossia ci si sentirebbe come persone diverse, prive della cittadinanza per così dire. Per fare un esempio celebre: Giulio Cesare era soprannominato il marito di tutte le mogli  e la moglie di tutti i mariti e questo non lo disturbava minimamente, almeno all’apparenza, era un maschio forte, tanto forte così che non gliene poteva importare di meno delle prese in giro – oggi assolutamente e giustissimamente vietate – per le sue scelte etero e omo di cui non faceva nessun mistero secondo l’occasione, scelte all’epoca consentite su tutti i livelli, pare anche per matrimoni tra gay, molto rari, ma possibili, per altro solo tra maschi. Certo, Giulio Cesare era, detto con una diafora, Giulio Cesare, un grande uomo, scrittore e audace guerriero, nonché politico a Roma, ma, in ogni caso, credo si dovrebbe pensare qualche soluzione migliore di quella relativa al nascondimento dei generi, agli asterischi o altro di simile.

Ma allora, che cosa proporrei io stessa? Molto difficile a idearsi, ci pensano già, come accennato, autorevoli pensatori e pensatrici al Consiglio Europeo senza trovare soluzioni soddisfacenti che non rechino danno a nessuno. Se comunque dovessi proprio esprimermi, io lascerei, grammaticalmente in tutti i documenti, il genere rappresentato somaticamente con l’aggiunta ‘detta Y’ (dove Y è un nome maschile per una donna) e ‘detto X’ (dove X è un nome femminile per un maschio), ponendo una fine che valuto del tutto decorosa per chiunque alla quaestio riguardante i generi grammaticali, quaestio che al momento pare presentarsi come infinita, non risolvibile. Ribadendo: direi di lasciar valere grammaticalmente i generi somatici con l’aggiunta dei nuovi nomi nei documenti di identità e di qualsiasi tipo, questo per non creare disfunzioni e appesantimenti burocratico-grammaticali a nessun livello per nessuno.

In ogni caso, ribadendo la mia opinione personale, ritengo davvero poco accettabile la rivoluzione linguistica grammaticale a proposito dei generi, io non vorrei mai avere un asterisco in luogo della mia identità di genere che è quella di una femmina, mi sentirei defraudata di parte essenziale dell’identità, del riconoscimento della mia identità somatica a prescindere da quella psicologica, ossia se ne avessi un’altra diversa sul piano psicologico, io personalmente rinuncerei anche al ‘detta’ con nome maschile perché non me ne potrebbe importare di meno. Ma appunto questo fa parte della mia personalità che non deve essere la personalità di tutti, ci mancherebbe. Comunque non mi andrebbe bene di nascondermi dietro un asterisco per un’interpretazione molto riduttiva e secondo me anche assurda del concetto di Privacy, troppo forte è in me il senso dell’identità personale, sono Rita Mascialino e come tale voglio essere riconosciuta nel bene e nel male, come si dice, a prescindere da eventuali possibili varietà psicologiche che avrebbero tutti i diritti di esserci. Accetterei al massimo, come accennato e se proprio non ne potessi fare a meno, di aggiungere, nel caso di specie, ossia se avessi una doppia identità di tipo sessuale e di personalità corrispondente, il nome di genere diverso come ‘detta Y’ con nome maschile scelto una volta per tutte, con buona pace della morfologia.

Non mi occupo qui del problema della libertà di scelta del sesso psicologico in minore età se non addirittura in età prepuberale, quando l’immaturità può giocare scherzi notevoli al proposito; mi sono occupata qui della sola semantica grammaticale di genere estesa ai documenti, agli appellativi illocutivi e ai nomi aggiunti con il ‘detta Y’ e ‘detto X’, semantica degli asterischi o dei nascondimenti da me assolutamente rifiutata. In un’epoca di trasparenza, almeno dichiarata e comunque richiesta in ogni settore, proprio il nascondimento grammaticale dell’identità somatica di genere ritengo sia inaccettabile – le lingue costituiscono l’identità psicologica, diversificata, dei popoli.

A questo punto, dopo aver chiarito qualche tratto dell’identità di genere, inserisco una riflessione che mi pare importante sul tema. Grazie ai nascondimenti a livello linguistico, ci potrebbe essere nel tempo lungo un calo del senso personale di identità, un po’ come lo sgretolamento di qualche calcinaccio, per così dire con una metafora edilizia. Chiarendo: ci potrebbe essere in seno alla globalizzazione intesa come unificazione culturale o meta di uniformare i diversi modi di pensare portati avanti nella storia proprio dalle diverse lingue che costituiscono l’identità culturale dei popoli, anche una globalizzazione di genere a livello linguistico. Si tratterebbe di una tendenza unificante già naturalmente presente ad esempio nella citata lingua inglese che mostra estesamente una indifferenziazione tra i generi, di cui qui non è il discorso, alla quale fa tuttavia da contrappeso una dinamicità fortissima realizzata nella particolare strutturazione dell’azione espressa nei verbi la quale a sua volta rafforza l’individualità, dinamicità ad esempio sconosciuta ad altre lingue nella stessa misura, a quella italiana in particolare.  Globalizzazione di genere che, a mio giudizio, pare già in atto proprio con la libera scelta del sesso psicologico che qualcuno vorrebbe a partire già dalle scuole elementari, ossia stimolando la scelta già dalla tenera età, con la conseguente confusione identitaria insorgente anche in chi non ne avesse alcuna, con il relativo indebolimento – dove regna incertezza,  non c’è maggiore forza, ma meno forza – del senso di identità individuale, favorito in aggiunta da una pseudo Privacy grazie alla quale si vorrebbe nascondere l’identità di genere asteriscandola e così in parte neutralizzandola.  Tale globalizzazione di genere ottenuta sia senza intenzione esplicita, sia con intenzione consapevole o magari anche subliminalmente, a livello micro- e macroscopico di individui e popoli, potrebbe condurre appunto, ove manchino correttivi psicologici linguistici e culturali di cui il cenno più sopra, a indebolimenti nel senso di identità, evitabili per il possibile quanto meno tale senso identitario venga frammentato e in aggiunta nascosto in vario modo facendo rientrare dalla finestra quanto era stato fatto uscire dalla porta: dapprima il diritto di tutti di essere apertamente e pubblicamente omo o etero e quant’altro, adesso il nascondimento peggio di prima delle diversità di genere. Un problema enorme questo, cui in un breve spazio non si può dare certo piena ragione, ma che mi parrebbe degno di essere approfondito in una più ampia discussione sui generi e la loro possibile globalizzazione con assurdi nascondimenti. In altri termini: il gioco con il sesso sulla scacchiera psicologica credo sia forse meno innocuo di quanto possa sembrare, ossia: in un ambito di globalizzazione dei generi sul piano linguistico senza i correttivi psicologici di cui sopra il cenno, potrebbero attecchire più agevolmente manipolazioni varie degli individui, dei popoli in un senso o in un altro una volta appunto ed eventualmente indebolito il loro senso di identità che con i regimi democratici è diventato sempre più forte. Allora non si deve dare libertà di scelta per un sesso psicologico in una uguaglianza tra etero omo e simili? Senz’altro si deve dare ogni libertà nell’ambito, ho solo posto sul tavolo qualche dubbio sorto in me sul tema di un’identità in qualche modo da nascondere grammaticalmente, come pare debba o possa accadere, e quindi destinata in tal caso e in certo qual modo ad andare verso la globalizzazione di genere, ossia, ribadendo ancora, verso l’indebolimento, magari sotto le mentite spoglie della Privacy che subentrerebbe, come testé accennato, a chiudere e poi a spalancare finestre, a confondere così le cose.

Per concludere queste brevi riflessioni con un po’ di leggerezza: mi è venuto anche in mente un motivo ulteriore per rifiutare l’asterisco, da parte mia si intende: che, evitando la esplicita identità morfologica di genere nel contesto della possibile globalizzazione, siano più facili le contraffazioni alla Frankenstein?  Certo, si tratta di un motivo eminentemente di pura fantasia anche letteraria, sperando che non sia proibito alleggerire scherzosamente i problemi o che qualcuno venga a dire quali idee si possano avere e quali altre non si possano avere.

Rita Mascialino

Immagine. Studio Fotografico Valentina Venier

Via Grazzano 38 –  Udine

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