RITA MASCIALINO: “IL GLADIATORE DI RIDLEY SCOTT E IL TEMA DELL’AL DI LÀ – ANALISI E INTERPRETAZIONE

Mascialino, R.,  ‘Il Gladiatore’ (2000) di Ridley Scott e il tema dell’al di là.

“Di questo magnifico film del potente regista Ridley Scott (South Shields UK 1937) analizzo qui la scena finale relativa alla morte del gladiatore. Una breve premessa. Il personaggio Di Massimo Decimo Meridio, interpretato più che magistralmente da Russell Ira Crowe (Wellington NZ 1964), insignito meritatissimamente del Premio Oscar per il migliore attore, non è mai esistito, è totalmente frutto di inventiva creatrice a parte forse qualche influsso storico di nessun conto altro che per gli appassionati degli influssi – che divengono sempre altro nel contesto in cui si realizzano –, quindi il personaggio più importante di tutti per le idee che il regista ha espresso attraverso di lui liberamente, senza restrizioni di nessun genere riferibili all’ambientazione nella Roma dei Cesari. Non ci occuperemo delle congruenze e incongruenze sul piano storico in un film che – vedi il personaggio del gladiatore in particolare, ma non solo – non si vuole presentare come un’opera di stretta aderenza storica, ma si presenta come prodotto di, straordinaria, fantasia artistica, come espressione di emozionanti sentimenti esistenziali, ideali in contrasto con la negatività dell’odio e della prevaricazione, del male, un film che erige un monumento alla vita, come solo la grande arte può realizzare. Venendo ora alle sequenze che interessano questa analisi, ossia a quelle relative alla morte del gladiatore per quanto riguarda il tema della religione, si possono distinguere tre livelli di destinazione dei messaggi espressi nell’evento finale: uno per i religiosi, uno per i non religiosi, uno, a prescindere dalla fede o dalla non fede, per chi voglia capire il messaggio insito in questo finale. In altri termini: un finale per le masse religiose e uno per porzioni di umanità più limitate, per coloro che non credono e, anche, per coloro che fossero interessati a capire la semantica dell’arte. Vediamo come. Lucilla, che ama Massimo, lo assiste negli ultimi secondi di vita nei quali il morente ha il tempo di dirle che le ha salvato il figlio Lucio Vero, implicitamente avendo egli ucciso Commodo e con lui le sue ambizioni e la sua malvagità la quale si sarebbe altrimenti riversata sul nipote. Lucilla, comprendendo come non ci sia più niente da fare, gli dice allora quasi come in un ordine di andare dalla moglie e dal figlio. Il gladiatore morente allora chiude del tutto gli occhi. Accenna a un sorriso ed è come trasportato dalla sua mente in una vertigine verso la sua casa, ossia appare come trasportato mentre sorride lieto di tornare a casa e di riunirsi con i suoi cari. A questo punto, stando Massimo ad occhi chiusi, può sembrare che sia morto e che abbia occhi per la vita dell’al di là il quale si schiude appunto al morto come la nuova eterna vita promessa dalle religioni. Fin qui il messaggio religioso nella sua positività, così come molto sapientemente Ridley Scott ha ideato rendendo il finale del suo film, catarticamente, come la più grande celebrazione della morte e dell’attesa degli umani per una vita eterna. Con questo il regista ha conquistato le grandi masse che sono appunto formate da fedeli. Guardando meglio tuttavia, vi sono un paio di fotogrammi che dicono altro: l’opposto. Ricapitolando: al primo invito di Lucilla, il gladiatore chiude dunque gli occhi e pare che sorrida essendo già morto e vedendo appunto i suoi cari che gli vengono incontro, ossia: sembra che, ormai morto e con gli occhi chiusi, nonché sorridente, veda l’al di là, la vita futura sagomata su quella reale della sua esistenza nella sua casa, esistenza futura che appare come qualcosa di reale, visibile dopo la morte, non di illusorio.  Ma successivamente Massimo socchiude gli occhi in una sottile fessura mentre guarda Lucilla ancora una volta – la donna che ha amato e che lo assiste nell’ora più tremenda. Lucilla allora, contemporaneamente all’invito o ordine di andare, gli chiude con la mano gli occhi, fermandone ogni moto nella morte che subentra definitivamente. È adesso che il gladiatore è morto, non prima. È adesso che il gladiatore non vede più niente, non si trova assieme alla moglie al figlio come prima quando aveva ancora un soffio di vita, è rimasto solo, non c’è più nessuna immagine dell’al di là, sono scomparse le immagini dalla sua mente ormai non più vivente. Una nota in aggiunta: la mente gli ha procurato le immagini della vita dell’al di là anche, o soprattutto, come segnale della morte vicina – tali immagini sono in sé anche, o soprattutto, dipende dalla prospettiva con cui osservano, immagini di morte, essendo la donna e il bambino già morti essi stessi, come un segnale del cervello del gladiatore che gli annuncia la fine ormai vicina e inevitabile simboleggiata nell’immagine del ritorno ai morti che lo attendono. La profonda sequenza della morte del gladiatore è performata da Ridley Scott con la massima cura e abilità. I primi piani dell’ultima fase del messaggio inerente alla morte e alla sua possibile interpretazione diversa da quella religiosa sono particolarmente rapidi, questo per lasciare sussistere anche l’altro messaggio presentato in precedenza come continuazione reale della vita nell’al di là, per non cancellarlo drasticamente, primi piani ad hoc del volto, soprattutto degli occhi del gladiatore in varia successione. La vita nell’al di là, secondo quanto sta nel testo filmico relativo alla sequenza, è finita con la morte instaurata e comunicata allo spettatore con la chiusura degli occhi del gladiatore da parte di Lucilla – i quali si muovono ancora secondo l’inquadratura voluta da Ridley Scott in un primo piano per brevissimo tempo – e dall’invito ora quasi perentorio della donna ad andare ormai – precedentemente era stato un invito meno definitivo nei toni. La vita nell’al di là c’è stata come illusione dettata dal desiderio e dal fraintendimento del segnale cerebrale, inviato dalla mente del gladiatore, ciò che cessa completamente nella morte, con la cessazione dell’attività del cervello, della mente. Grande film, grande regista, grandi interpreti primo fra tutti gli altri pure bravissimi Russell Ira Crowe, grande la musica di Hans Florian Zimmer (Frankfurt am Main D 1957) e grande, emozionantissimo il canto di Lisa Gerrard (Melbourne AU 1961).”

Rita Mascialino

 

Sulla colonna sonora del film ‘Il Gladiatore’ sta in www.ritamascialino.com Sezione Miscellanea Musicale uno studio comparativo di Rita Mascialino.

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